Intervista con i Promoters…. Giulio Spagnoli

Articolo di Stefano Buttafuoco

E’ figlio d’arte nel senso che suo padre Lorenzo, insieme all’indimenticato Rodolfo Sabbatini portò, negli anni 70 ed 80, la boxe italiana ai massimi livelli sul piano dell’organizzazione degli eventi pugilistici.

Dopo essere stato per anni procuratore, è oggi Presidente dalla Roundzero, società organizzatrice tra le più attive del panorama italiano.

In partnership con Roberto Sabbatini ha allestito più di cento Mondiali ed Europei, il primo dei quali fu quello tra Giovanni Parisi ed Antonio Rivera (campionato mondiale Wbo dei pesi leggeri), al Palaeur di Roma, nel lontano 1993.

Parliamo di Giulio Spagnoli, cinquantunenne manager romano, una vita vissuta all’insegna della passione per il pugilato alla cui crescita ha contribuito sotto diverse vesti: promoter, procuratore e cutman.

Come nasce il tuo impegno nel mondo del pugilato ?

“Mi ci sono ritrovato ma a differenza di altri non sono cresciuto nelle palestre ma negli ambienti organizzativi dei grandi eventi internazionali. Fin da bambino seguivo le riunioni al Teatro Jovinelli poi il primo frame nitido che risale al Mondiale disputato a Roma tra Perico Fernandez e Lyon Furuyama. Quella sera stavo a fianco di Bruno Arcari che aveva lasciato vacante il titolo, ritirandosi, ed ancora ricordo i brividi che provai a vederlo piangere durante gli inni nazionali”

 Hai rappresentato un numero incredibile di atleti: Giovanni Parisi, Michele Piccirillo, Alessandro Duran, i fratelli Branco e tanti altri. Qual è stato il pugile che ti ha maggiormente sorpreso in senso positivo ?

“Se devo spendere una parola lo faccio per Gianfranco Rosi che a differenza di tanti altri campioni pugilisticamente non aveva doti particolari. Nonostante ciò ha raggiunto e conservato una leadership mondiale per diversi anni, con alti consequenziali a bassi cui nessuno dava più credito. Il tutto grazie ad una straordinaria determinazione, ad una notevole sagacia tattica e ad un carattere di ferro. Una particola menzione merita poi Sumbu Kalambay che per me è stato l’essenza della boxe. Una classe immensa la sua”

 Da chi invece ti saresti aspettato di più sul piano dei risultati ?

“A malincuore dico Christian Giantomassi. Su di lui avrei scommesso qualsiasi cosa, ero sicuro avesse i numeri e le caratteristiche per diventare un campione di livello mondiale. Fisico, pugno, tecnica, non gli mancava niente ed invece la sua carriera professionistica non fu all’altezza delle aspettative. E’ stato un mio cruccio”

Quello caratterialmente con cui ti sei trovato meglio ?

“In assoluto Mercurio Ciaramitaro. Con lui ho avuto un rapporto speciale. Un ragazzo eccezionale, una simpatia ed un rispetto reciproco che raramente ho ritrovato anche al di fuori dell’ambiente del pugilato”

Qual è la principale dote che deve avere un manager?                                                              

“In primis un adeguato know how di tutto l’ambiente. Poi chiaramente servono capacità umane, imprenditoriali e di comunicazione”

 Quali le difficoltà maggiori nella gestione di tutti questi pugili ?

“Ogni pugile che seguo ha carattere e stili di vita differenti e personalità che vanno affrontate singolarmente. Non è facile dunque il mio lavoro anche se personalmente conto molto sull’aiuto dei rispettivi trainer che li vivono quotidianamente e sul fatto che oggi gli atleti sono cresciuti molto sul piano culturale e sono in grado di capire le situazioni più di quanto non riuscissero a fare nel passato”

 

E pensi di essere sempre riuscito bene a fare il tuo lavoro ?

“Senza falsa modestia credo di essere sempre stato in grado di gestire al meglio il percorso di crescita dei miei pugili anche se oggi – soprattutto in Italia – è tutto molto più difficile in considerazione della particolare situazione economica che stiamo vivendo. Per usare una metafora, mi sento un po’ come un bravo agricoltore che però oltre alle proprie qualità necessita di risorse esogene come il sole e l’acqua”

 Ti vediamo spesso lavorare in Germania come cutman all’angolo dei pugili di Sauerland. Come nasce questa tua specializzazione ?

“Il tutto nasce dalla mia vasta esperienza fatta sul campo frequentando personaggi storici che mi hanno insegnato tanto. Parlo di guru mondiali come Emmanuel Steward, Danny Mancini, Amilcar Brusa, Aaron Snowell e rappresentanti italiani come Adriano Sconcerti, Rocco Agostino, Umberto Branchini e Silverio Gresta. Iniziai con dei pugili statunitensi che arrivavano da soli quando avevo 18 anni. Esperienza necessaria ma fatta a loro spese”

 In Germania ormai da anni il pugilato è uno degli sport più seguiti. Come è stato possibile questo exploit ?

“Sono stati intelligenti ad utilizzare pugili provenienti dalla scuola della Germania dell’Est (Maske, Shultz ed Ottke per citarne qualcuno) e di origine diversa (come Michalcewsky, Grigorian e Klitschko sfruttando il boom economico della post unificazione. Gli ingenti investimenti televisivi hanno poi fatto il resto portandoli ad essere tra le nazioni leader insieme ad Usa e Inghilterra. A questo proposito mi preme sottolineare come una volta tutto questo succedeva anche in Italia. Era il periodo in cui si trasmettevano mondiali tra stranieri disputati nel nostro territorio. Purtroppo ora non è più così e noi manager dobbiamo fare di necessità virtù”

Come vedi la situazione attuale nel nostro paese ?

“Viviamo un momento di grave crisi socio economica. Ogni evento è diventato una roulette russa e questo è un peccato perché il bacino dei praticanti non è mai stato così numeroso. Vedo che si sta cercando di fare dei cambiamenti, apprezzo questi sforzi ed auspico siano fatti nella giusta direzione”.

 

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